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Intervista alla ricercatrice Monica Sonzogni, l’esperienza di ricerca all’Erasmus Medical Center di Rotterdam

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dottor Andrea Sartore Bianchi, direttore scientifico dell’associazione, ha intervistato per noi la dottoressa Monica Sonzogni, ricercatrice all’Erasmus Medical Center di Rotterdam grazie alla borsa di studio che abbiamo avviato in collaborazione con From, la fondazione di ricerca dell’Ospedale Papa Giovanni XXIIII di Bergamo. A due anni dall’inizio dei suoi studi olandesi ecco cosa ci dice della sua esperienza e dell’attività che svolge nei laboratori olandesi.

Dottoressa Sonzogni, cosa l’ha spinta in questa avventura di ricerca all’estero presso il Laboratorio di Ype Elgersma a Rotterdam?

Il motivo per cui ho lasciato l’Italia e mi sono spinta in questa avventura è la curiosità, la voglia di imparare, di crescere a livello professionale ma soprattutto di essere di aiuto. Prima di partire per l’Olanda ho avuto la possibilità di studiare nel laboratorio di genetica molecolare dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e di capire quanto sia importante essere di aiuto nella ricerca non solo per le malattie più note, ma anche per quelle più rare, ahimè spesso dimenticate. E proprio nel laboratorio di Ype Elgersma si studia la Sindrome di Angelman, una malattia definita rara ma non certo meno importante. Per cui eccomi qui, da quasi due anni sono a Rotterdam e faccio parte del gruppo ENCORE, un centro d’eccellenza nel campo delle malattie del neurosviluppo non solo a livello clinico, ma anche a livello biologico molecolare e biochimico.

Quali sono le principali attività di ricerca che si svolgono nel Laboratorio del Dipartimento di Neuroscienze di Erasmus Medical Center dove lavora attualmente?

Come dicevo prima, penso che il laboratorio di Ype Elgersma sia un laboratorio un po’ speciale, perché chi lavora nel campo della ricerca sa che è una fortuna avere nello stesso posto di lavoro esperti su più fronti. Le principali attività di ricerca che vengono svolte nel laboratorio sono tutte focalizzate sulla ricerca dei meccanismi che si trovano alla base dell’insorgenza delle malattie del neurosviluppoin particolare della Sindrome di Angelman. In laboratorio la malattia viene studiata sotto diversi punti di vista: a livello biochimico-molecolare, a livello elettrofisiologico e a livello comportamentale nei modelli animali.

Qual è la rilevanza di queste attività di ricerca per una possibile traslazione per la terapia della Sindrome di Angelman?

La comprensione della malattia a livello dei meccanismi molecolari è a mio parere fondamentale per trovare una terapia efficace.  La Sindrome di Angelman è un disordine molto complesso, e la combinazione di tutte le attività svolte in laboratorio è importante, dallo studio del modello animale all’analisi della trasmissione neuronale dei neuroni che ricreiamo su piastra. Una volta compresi i meccanismi chiave di questa malattia, sarà possibile trovare una terapia efficace.

Il Laboratorio del Professor Elgersma è all’avanguardia a livello mondiale nello studio di modelli preclinici della Sindrome di Angelman: in cosa consistono questi modelli animali?

La maggior parte delle conoscenze a livello molecolare che abbiamo nel campo delle malattie, e nel nostro caso della Sindrome di Angelman, deriva dall’uso dei modelli animali. I modelli animali che usiamo nel nostro laboratorio sono topi che sono stati mutati in modo tale da ricreare la malattia e permettere a noi ricercatori di studiare la causa, la natura e le possibili terapie

Su quali filoni di ricerca si sta indirizzando il suo lavoro attuale all’Erasmus Medical Center?

Al momento il mio lavoro si basa proprio sull’uso di questi modelli animali che mi permettono di avere indicazioni su quale sia la migliore finestra terapeutica in cui intervenire. Inoltre sto cercando di comprendere la funzione della proteina Ube3a mutata nei bambini affetti dalla Sindrome di Angelman nelle sue diverse forme, quanta proteina è necessaria per compiere le sue funzioni fisiologiche e in che posizione del nostro cervello svolge le sue funzioni principali. La risposta a queste due domande è a parer nostro essenziale per definire una molecola terapeutica efficace contro la malattia.Infine una parte importante della mia ricerca è focalizzata nel testare diversi farmaci che possono migliorare i deficit tipici della Sindrome di Angelman presenti nei nostri modelli animali.

Ha già presentato dei dati a congressi?

Ho avuto modo di presentare alcuni dati presso il Dutch NeuroscienceMeeting che viene organizzato in Olanda annualmente e presso ONWAR (Graduate School Neurosciences Amsterdam Rotterdam)

Le manca l’Italia? Come si vede fra 5 anni?

Alla domanda ‘le manca l’Italia’? mi viene da rispondere con un sì. Nonostante l’Olanda sia uno tra i paesi più all’avanguardia sotto molti punti di vista in Europa, e Rotterdam una città in continua crescita a cui non manca nulla, per me l’Italia è casa.  Sono molto legata alla mia famiglia, i primi mesi sono stati emotivamente un po’ difficili se devo essere sincera, ma al tempo stesso volevo e voglio crescere a livello lavorativo. Penso che la scelta di lasciare tutto e incominciare questa esperienza sia stata la decisione migliore che potessi prendere.
In laboratorio mi trovo molto bene e questo dottorato di ricerca mi sta offrendo tantissime opportunità, crescere come scienziata, creare contatti con esperti nel campo delle neuroscienze provenienti da tutto il mondo e, infine, crescere anche come persona. Sono contenta di aver portato nel laboratorio anche un po’ di italianità insieme ad altre due mie colleghe italiane che contribuiscono allo studio della Sindrome di AngelmanFra cinque anni vorrei vedermi in Italia, in un laboratorio di ricerca all’altezza di quello di Ype Elgersma a contribuire ancora allo studio della Sindrome di Angelman.

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